Che ne sarà del giornalismo televisivo? La carta sta male ma la tv, tra poco, starà peggio.

Su La Repubblica di domenica 6 novembre sono state pubblicate a doppia pagina, interessanti meditazioni sulle recenti decisioni di Youtube di lanciare, a partire dalle prossime settimane, nuovi canali televisivi sul Web con contenuti originali realizzati da protagonisti come Madonna o come il Wall Street Journal. E’ previsto che questi canali siano un centinaio nel prossimo 2012.

Potete leggere l’articolo qui:

http://www.repubblica.it/tecnologia/2011/11/06/news/piccoli_monitor_crescono-24518624/

E la cosa su cui dovremmo riflettere è l’affermazione di Robert Kyncl, responsabile delle partnership di YouTube, “molti di questi canali di nuova generazione definiranno il futuro della tv”, e, come commentato dall’autore dell’articolo di Repubblica, “probabilmente [Robert] non ha torto”. 

Se poi aggiungiamo lo street journalism, il giornalismo fai da te con i cellulari, che utilizza Youtube per la sua divulgazione, facciamo in fretta a capire come le TV tradizionali debbano ripensare i loro modelli di business perché si troveranno sicuramente a competere, in termini di audience e quindi di investimenti pubblicitari, con un sistema magmatico polverizzato ma molto potente che farà leva su tutti i benefici offerti dalla tecnologia per raggiungere target selezionati, mirati, che daranno quindi risultati più soddisfacenti in termini di rapporto costo per contatto qualificato.

Ma quello che più mi ha colpito leggendo i vari commenti e le considerazioni sull’argomento è che tutti sono concordi nell’affermare che la velocità con cui stanno accadendo i cambiamenti nel mondo della comunicazione [tele]visiva è impressionante.

Mi sembra di capire che, mentre gli editori legati alla carta facciano fatica a trovare un modello di business soddisfacente e funzionante per il web e per il mobile, la televisione commerciale, che vive esclusivamente con gli introiti della pubblicità, verrà sicuramente minacciata dal modello di Youtube e servizi affini.

Le piattaforme di contenuti televisivi su web come Youtube, non hanno dilemmi sul come e se, farsi pagare i contenuti, non hanno a che fare con filiere distributive e non devono scervellarsi su formati e modalità erogative.

I filmati sono buoni sia per la TV e sia per il web e si producono – ormai – in entrambi i casi, in digitale.

 

Sull’argomento delle televisioni e le implicazioni future conseguenti alle scelte di Youtube consiglio anche di leggere:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/11/06/mille-canali-niente-da-guardare.html
http://punto-informatico.it/3327342/PI/Commenti/contrappunti-contaminazione-televisiva-inversa.aspx


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